Possibile che ci sia ancora chi scambia, dal punto di vista educativo, la causa con l’effetto? Pare di sì. C’è chi parla della necessità “quote blu” nella scuola. Non importa sapere chi abbia scritto questo articolo, né quanta reale diffusione abbiano idee come quelle espresse qui. Credo sia importante valutarle come sintomi, perché nel distorto uso dei ragionamenti e negli ipocriti luoghi comuni che esprime, l’articolo è un buon esempio di come tanto “senso comune” sulla scuola e sulle questioni di genere sia manipolato e manipolabile in un contesto come quello italiano tanto poco informato su entrambe le cose. Leggiamo.
Occorre maschilinizzare la scuola, ossia garantire nelle aule una maggiore presenza di docenti uomini e di favorire una parità di genere. La presenza maschile nelle classi favorisce un più giusto equilibrio tra insegnamento e apprendimento e la figura dell’uomo è vista dagli occhi dell’alunno con più autorevolezza. Più quote blu nella scuola – ha affermato qualche giorno fa il sociologo Stefano Zecchi. Con ciò non si vuole affermare che la figura femminile deve diventare minoritaria, ma occorre privilegiare un certo equilibrio all’interno delle aule non eccessivamente sbilanciato verso l’uno o l’altro sesso. La donna con la sua personalità materna svolge un ruolo troppo protettivo nei confronti degli alunni e gli stessi sembrano quasi vivere all’interno delle mura scolastiche in maniera ovattata e protetta.
Invece di ricordare che l’eccesso di presenza femminile nei livelli bassi dell’istruzione obbligatoria è dovuto proprio alla scarsa considerazione sociale di questo tipo di lavoro – ragion per cui non è socialmente ambito dagli uomini in quanto non prestigioso e anzi ritenuto prettamente “femminile” perché scambiato per lavoro di cura – viene cavalcato uno stereotipo sessista che vede nella figura maschile più autorevolezza, come se fosse per natura così, e non il risultato di un odioso pregiudizio. Lo Zecchi citato non è un sociologo ma un noto filosofo televisivo, che parla di “genderdittatura” e che colpevolizza le donne.