
Non c’è cosa più bella di una voce che si leva vibrante e vivace, in favore della libera scelta. E che si fa quando le voci diventano tante? Ci si chiama per nome, ci si siede tutte attorno e guardandosi tutte negli occhi si cerca di nominare le cose. E la rabbia, e l’ingiustizia, soprattutto quando sono queste ad avere la meglio sui corpi delle donne.
Marciamo in un’epoca post-umana che sempre più ci spinge verso una condizione extra-corporea, dove quella cosa che è il nostro corpo, registra il suo totale annichilimento; con tutte le conseguenti derive. Siamo oltre l’oggettivazione, probabilmente nell’anticamera della de-umanizzazione.
Siamo al punto che una legge – la legge 194 che regola l’interruzione volontaria di gravidanza, in Italia – rischia di non essere più applicabile a causa dell’alta percentuale di obiettori presenti nelle strutture pubbliche, con percentuali che variano di poco su scala nazionale in base alle Regioni. Se è vero quanto scritto da Stefano Rodotà, ovvero «il diritto trova così il suo limite nella volontà politica, dalla quale dipende la possibilità stessa di realizzarsi come diritto», allora dobbiamo constatare quanta poca sia la forza politica in campo oggi, al di là degli schieramenti e dei partiti. Ma soprattutto, quanto poco rispetto questa società nutra nei confronti degli stessi individui che la compongono (la popolazione femminile, in Italia, si attesta quasi attorno al 52%), in barba alla Costituzione e ai diritti inalienabili dell’uomo e della donna, ad essa inscritti.
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